È da poco stato pubblicato il nuovo rapporto sul ruolo strategico della plastica nell’industria Italiana, realizzato da The European House Ambrosetti – TEHA Group insieme a importanti realtà del settore, tra cui Federazione Gomma Plastica, COREPLA, Unionplast, Federchimica, Amaplast e quest’anno, per la prima volta, anche IPPR. Il documento offre una fotografia aggiornata del comparto e propone soluzioni concrete per renderlo più competitivo e sostenibile nel contesto europeo attuale.
Il settore della plastica è ancora oggi un pilastro dell’economia italiana. Nel 2023 ha generato oltre 58 miliardi di euro di fatturato e impiegato circa 164.000 persone, superando in occupazione anche il comparto automobilistico. L’Italia si conferma inoltre al secondo posto in Europa per valore prodotto dalla filiera della plastica, subito dopo la Germania, e al primo posto per numero di imprese attive.
Negli ultimi anni, tuttavia, le imprese del settore si sono trovate ad affrontare una mole crescente di normative ambientali introdotte dall’Unione Europea, con regole sempre più stringenti su produzione, riciclo e sostenibilità. Questo quadro complesso è stato definito dagli autori del rapporto come un vero e proprio “tsunami normativo”. Ma proprio queste sfide possono diventare opportunità, grazie a nuove politiche europee che puntano a rilanciare la competitività industriale in chiave sostenibile.
Un elemento centrale del rapporto è il ruolo strategico del riciclo. Secondo le proiezioni, investimenti mirati potrebbero permettere all’Italia di riciclare entro il 2040 fino al 45% della plastica necessaria per la produzione interna. Oltre al riciclo meccanico, sarà fondamentale sviluppare il riciclo chimico, in grado di trattare rifiuti più complessi, e valorizzare al massimo il riutilizzo di materie prime all’interno di una filiera sempre più circolare. Il potenziale è enorme, ma servono visione, risorse e semplificazione burocratica.
Tra le proposte avanzate, una riguarda il riconoscimento normativo del metodo mass balance, oggi considerato essenziale per promuovere il riciclo chimico. Si tratta di un sistema che consente di calcolare e attribuire in modo trasparente quanta materia prima riciclata è contenuta nei prodotti finali, anche quando i processi di produzione miscelano materiali vergini e riciclati. Un approccio già usato in altri settori, come quello dei biocarburanti, e cruciale per garantire trasparenza e affidabilità nei processi industriali.
Lo studio individua quindici azioni prioritarie per accompagnare questa trasformazione, tra cui la semplificazione delle autorizzazioni per nuovi impianti, incentivi per chi utilizza plastica riciclata, una riforma del sistema di responsabilità dei produttori e una vera strategia nazionale per la plastica, capace di guidare la transizione a livello di distretti industriali.
Un altro dato significativo riguarda l’export: nel 2024 il settore ha esportato beni per circa 25 miliardi di euro, pari al 4,2% dell’export manifatturiero italiano. Oltre due terzi delle esportazioni sono destinate al mercato europeo, confermando l’importanza dell’integrazione con l’UE per la competitività delle nostre imprese.
Il rapporto evidenzia anche quanto il settore sia in grado di generare valore per l’intera economia. Ogni 100 euro investiti nella filiera della plastica se ne generano oltre 200 lungo tutta la catena produttiva e dei servizi collegati. Non investire, al contrario, potrebbe avere conseguenze gravi: secondo lo scenario elaborato da TEHA, senza interventi a sostegno della filiera l’Italia rischierebbe di perdere fino a 4,7 miliardi di euro di valore aggiunto e 55.000 posti di lavoro entro i prossimi anni.
Il messaggio finale è chiaro: la plastica può essere parte della soluzione alle sfide ambientali, a patto che venga gestita con lungimiranza, innovazione e regole chiare. Il futuro della filiera passa dalla capacità di coniugare sostenibilità e competitività.